Zootropolis 2: scegliere chi essere, scegliere la propria famiglia.
SEPARAZIONEIDENTITÀAPPARTENENZA
12/3/20253 min read


L’altra sera ho visto Zootropolis 2.
E, come spesso succede con i film “per famiglie”, mi sono ritrovato davanti a una storia che parla molto più agli adulti che ai bambini.
Il tema centrale? L’appartenenza.
Quella vera, quella faticosa, quella che non coincide sempre con dove siamo nati — ma con chi scegliamo di essere.
Il coniglio: quando la famiglia ti chiede di essere qualcuno che non sei
Partiamo da Judy.
Judy è un coniglio, e i conigli “non fanno i poliziotti”.
La sua famiglia glielo ripete con affetto, con paura, con ansia da protezione… ma glielo ripete.
Quel messaggio sotterraneo ma pesante: “Sii come noi. Non uscire dal seminato. Non rischiare.”
Judy però sente altro.
Sente che può essere di più, che può provare, tentare, sbagliare, ricostruirsi.
E così fa.
Questa differenziazione dalla famiglia di origine — lo “svincolo”, come lo chiameremmo tecnicamente — è uno dei passaggi più delicati della crescita adulta.
E Judy lo compie in modo sano: non rinnega la sua famiglia, ma si permette di diventare se stessa.
Il risultato?
Una “nuova famiglia scelta”: la coppia improbabile e bellissima con Nick, la volpe.
Una relazione basata sulla stima reciproca, sulla fiducia e sulla libertà di essere diversi.
La lince: quando provi a essere altro per diventare… esattamente ciò da cui fuggi
Parallelamente, il film introduce la lince — ed ecco il colpo di classe psicologico.
La lince sembra voler cambiare, sembra “buona”, sembra intenzionata a prendere le distanze dalla sua famiglia disfunzionale.
Ma in realtà non cambia davvero.
Indossa un ruolo. Fa finta. Si comporta “come se”.
E tutto questo con un unico obiettivo:
poter essere (finalmente!) accettata dalla sua famiglia malvagia.
Siamo davanti al meccanismo opposto rispetto a Judy:
non uno svincolo sano, ma un tentativo disperato di non crescere, di restare agganciata a un modello tossico pur di non perdere il legame.
A livello psicologico è potentissimo:
si chiama lealtà invisibile.
Quel richiamo che ci spinge a ripetere copioni che ci fanno male… solo perché sono i copioni di casa nostra.
Il serpente: quando il pregiudizio salta e scopriamo una famiglia sana
E poi arriva il serpente. Quello che tutti — personaggi e spettatori — immaginano provenire da una famiglia disfunzionale, aggressiva, pericolosa.
E invece no.
La sua è forse una delle famiglie più sane del film: affettuosa, accogliente, strutturata.
Un’adorabile smentita dei nostri stereotipi interni.
Qui Zootropolis 2 ci ricorda una cosa fondamentale:
non sempre assomigliamo al “genitore, o figlio, ideale” che gli altri pensano di vedere in noi… e non sempre veniamo dal contesto che gli altri immaginano.
La complessità umana rompe i cliché ...per fortuna.
Tutti i copioni familiari, uno accanto all’altro
Il film mette in scena un vero campionario di appartenenze psicologiche:
Judy, che non vuole essere come la sua famiglia → modello di individuazione sana.
Il serpente, che può essere come la sua famiglia, perché è una famiglia funzionale → modello di coerenza e sicurezza.
La lince, che finge di essere diversa per potersi conformare a una famiglia disfunzionale → modello di lealtà patologica.
Nick, la volpe, che rimane un’area di mistero e possibilità → il partner che diventa contesto di sviluppo.
E tutto questo incastrato nel tema cardine di Zootropolis: coabitare nella diversità, senza negare chi siamo, senza travestimenti.
Perché è proprio quando abbracciamo la nostra identità che possiamo convivere davvero con quella degli altri senza paura di perdere qualcosa!
un ultima riflessione... un film che — sì — deve avere avuto un consulente psicologico
Alcune battute, alcuni passaggi della sceneggiatura, alcune dinamiche familiari sono trattate con una tale consapevolezza che è difficile pensare non ci sia stata una supervisione psicologica dietro le quinte.
Il modo in cui il film rappresenta:
differenziazione familiare,
identità,
ruoli,
appartenenza,
copioni transgenerazionali,
è sorprendentemente accurato per un film animato.
Ed è proprio questo che lo rende una storia capace di parlare ai bambini… e agli adulti che stanno ancora scegliendo “chi diventare”.
E allora che ci dice Zootropolis 2?
Che appartenere non significa obbedire.
Non significa imitare.
E non significa per forza rimanere dove siamo nati.
Appartenere significa trovare un posto in cui la tua versione autentica può respirare.
Perché i veri legami non sono legacci, sono relazioni
Ed è per questo che il percorso di Judy è così emozionante:
ci ricorda che possiamo costruirci una famiglia nuova,
una storia nuova, un futuro diverso, che contiene il passato e ne accresce il buono.
Senza cancellare le nostre radici, ma senza esserne prigionieri.
Succede spesso in studio che questi nodi — identità, appartenenza, famiglia d’origine, copioni invisibili — emergano proprio nei momenti di transizione personale.
E se senti che sei anche tu in una fase in cui stai scegliendo “chi essere”, possiamo lavorarci insieme: con calma, con rispetto, partendo da ciò che ti appartiene davvero.
Quando vuoi.
