Stranger Things: il trauma non ha bisogno di mostri per essere reale

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7/9/20251 min read

Guardando Stranger Things, con tutte le sue creature, dimensioni parallele e inseguimenti tra adolescenti e mostri, potremmo pensare di essere in un universo fantastico, lontanissimo dalla realtà. Eppure, dietro ogni Demogorgone, c’è qualcosa di molto più umano: la sofferenza che nasce quando sei solo, ferito, e non sai bene chi sei.

Prendiamo Undici, la ragazza cresciuta in un laboratorio, privata di contatto, affetto, e persino di un vero nome. Non conosce il mondo, ma sa cos’è la paura. Non ha mai avuto una famiglia, ma sa cosa vuol dire la perdita. E quando entra in relazione con gli altri, la prima cosa che impara — non senza fatica — è che i legami non si costruiscono con il potere, ma con la fiducia.

Nel mio lavoro clinico, mi capita spesso di incontrare persone che, come Undici, si portano dentro ferite profonde, magari vissute nell’infanzia: trascuratezza, solitudine, abuso, mancanza di protezione. E come lei, hanno imparato a cavarsela da soli. Ma il prezzo è alto: chi cresce nel dolore, spesso si convince che per sopravvivere bisogna controllare tutto — le emozioni, le relazioni, perfino sé stessi.

Undici ha poteri straordinari, ma la sua vera forza arriva quando si permette di essere vulnerabile. Quando si affeziona, si arrabbia, si espone. È in quei momenti che inizia a costruire un’identità vera, che non dipende più da ciò che le è stato fatto, ma da ciò che sceglie di diventare.

Anche gli altri personaggi — Mike, Will, Max, Hopper — raccontano qualcosa di importante. L’amicizia come ancora. La fatica di affrontare il lutto. La paura di non essere accettati. Il desiderio di essere visti per ciò che si è davvero.

Ecco perché Stranger Things funziona, anche a livello psicologico: perché parla del Sottosopra, racconta esperienze molto quotidiane: quante volte ci siamo sentiti in un mondo capovolto, dove niente sembrava più avere senso? Quante volte abbiamo nascosto parti di noi per paura di essere giudicati?

Se ti capita di sentirti “fuori posto” o se porti dentro un dolore che non riesci a nominare, il mio studio è uno spazio sicuro dove possiamo affrontare insieme il Demogorgone!