Queste oscure materie: diventare sé stessi, anche quando fa paura

PAURAIDENTITÀLIBERTÀ

7/12/20252 min read

Ripensando a Queste oscure materie, la trilogia di Philip Pullman, mi rendo conto che, sotto la cornice fantasy e le avventure tra mondi paralleli, c’è una domanda potente che attraversa tutto il racconto: chi sono io davvero, se smetto di essere ciò che gli altri vogliono?

Lyra, la protagonista, è una ragazzina che parte da una dimensione in cui il controllo, la religione e l’obbedienza sono strumenti per spegnere il desiderio di conoscere. Cresce in un mondo che punisce la curiosità, etichetta la ribellione, e cerca di separare ogni individuo dal proprio daimon — quella parte interiore, viva, pulsante, che rappresenta l’anima.

È difficile non pensare a quanto, nella vita reale, molte persone imparino presto a “staccarsi” da parti di sé per essere accettate: emozioni troppo forti, dubbi scomodi, desideri che non rientrano negli schemi. E così si impara ad adattarsi. A compiacere. A tenere tutto dentro. Come se crescere significasse diventare meno autentici, meno vivi.

Lyra, invece, fa il contrario: più va avanti, più rischia. Più conosce, più si espone. E nel farlo perde cose importanti — l’innocenza, il legame protettivo con l’infanzia — ma scopre anche qualcosa di più grande: la possibilità di scegliere, di amare, di pensare con la propria testa.

Anche Will, l’altro protagonista, incarna una tensione simile. Si porta dentro una rabbia antica, una fragilità trattenuta con i denti. Ma proprio nella relazione con Lyra — fatta di rispetto e confronto — trova il coraggio di diventare più intero, meno armato, più umano.

A livello psicologico, la trilogia parla di individuazione: quel processo in cui smettiamo di essere solo ciò che ci hanno chiesto di essere, per diventare qualcosa di nostro. Ma questo passaggio non è mai indolore. Comporta perdita, conflitto, paura. Come lasciare un mondo conosciuto per entrare in uno nuovo, dove le regole non sono più date, ma vanno scelte.

Molti, in terapia, arrivano in quel punto: quello in cui non funziona più fingere, né controllare tutto, ma in cui fare il passo avanti fa ancora troppa paura. Il rischio di sentirsi soli, o di sbagliare, può essere paralizzante. Ma come Lyra e Will, anche noi possiamo scoprire che non siamo davvero soli. Che essere fedeli a sé stessi non significa rinunciare agli altri, ma imparare a incontrarli da un posto più vero.

A volte, per crescere davvero, dobbiamo attraversare mondi interiori complessi. E scoprire che il viaggio più difficile non è verso fuori, ma verso chi siamo davvero.