Negli universi – Quando accettare è la forma più alta di guarigione
LUTTORIFIUTOACCETTAZIONE
10/22/20252 min read


Ogni tanto arriva un libro che sembra scritto per parlare con la nostra parte più silenziosa.
Negli universi, edito da Mercurio, è uno di quei testi che non si dimenticano facilmente. Ogni capitolo racconta la vita di Raffi, la stessa protagonista, ma in un universo diverso. In ognuno di questi mondi le cose cambiano leggermente — piccoli spostamenti, coincidenze, errori o scelte — ma c’è sempre un lutto, un’assenza che pesa e si trasforma.
È un romanzo che parte dalla fantascienza, ma finisce dritto nel cuore dell’esperienza umana: quella di convivere con la perdita e con il senso di colpa.
Raffi attraversa universi dove tutto poteva andare in modo diverso, dove forse avrebbe potuto salvare Britt, la sua amica, o evitare quella catena di eventi tragici. Eppure, quando raggiunge Citta di Rifugio, un luogo dove arrivano tutte le persone che si sentono responsabili della morte di qualcuno — chi non ha risposto a una chiamata, chi ha dimenticato il gas acceso, chi semplicemente “non c’era” — qualcosa in lei cambia.
In quella città simbolica, Raffi incontra il dolore condiviso.
Ognuno porta con sé la propria colpa, ma nel contatto reciproco si accorge che il confine tra colpa e vita è molto più sottile di quanto sembri. È proprio lì che, in una sorta di visione, vede tutte le versioni di sé stessa nei diversi universi: in alcuni ha salvato Britt, in altri no, in altri ancora il dolore si è trasformato in qualcosa di diverso.
Eppure, quando capisce di poter scegliere, decide di rimanere in questo universo, quello in cui il lutto è reale, quello in cui non può cambiare nulla. E lo accetta.
Da un punto di vista psicologico, questo è un gesto enorme.
La mente spesso gioca con la fantasia del “se solo avessi…”: un modo per controllare il dolore, per cercare un universo alternativo dove non abbiamo fallito, dove non abbiamo perso. Ma la guarigione arriva solo quando smettiamo di cercare l’universo perfetto e riconosciamo valore anche a quello che abbiamo. Integriamo nella nostra storia, anche i momenti più difficili, e la narrazione prosegue...
Accettare non significa rassegnarsi: significa scegliere la realtà, con tutto il suo dolore e la sua imperfezione, e permettere che quella realtà ci trasformi.
Come in terapia, il passaggio chiave non è cancellare la colpa o cambiare il passato, ma trovare un modo per stare dentro la propria storia senza che essa diventi una prigione.
Raffi, restando, ci mostra proprio questo: che la vera guarigione non è ricominciare da capo o cancellare un evento, ma imparare a stare nel punto in cui la vita si è interrotta, e... ripartire da lì.
