Coco: lasciare andare non è dimenticare

LUTTOSOLITUDINEMEMORIA

7/11/20251 min read

Quando qualcuno muore, cosa resta davvero di lui?
Guardando Coco, il film d’animazione ispirato alla tradizione messicana del Día de los Muertos, mi sono trovato a riflettere su una convinzione che incontro spesso nel lavoro psicologico: che superare un lutto significhi dimenticare.

Il protagonista, Miguel, entra nel mondo dei morti per un errore magico. Ma in realtà il suo viaggio è quello che fanno tante persone dopo una perdita: cercare un modo per restare in contatto. Per non perdere del tutto chi se n’è andato. Per capire come tenere viva quella presenza — anche se in una forma diversa.

Nel film, chi viene dimenticato davvero svanisce. E questa è una delle immagini più potenti che Coco ci regala: la morte vera non è la fine biologica, ma l’assenza nella memoria, nel cuore, nella storia di chi resta.
Eppure, quante volte ci sentiamo dire che “bisogna andare avanti”, “non pensarci troppo”, “lasciar andare”?
Come se ricordare facesse male. Come se fosse un ostacolo al “guarire”.

Ma non è così. Lasciare andare non significa cancellare.
Anzi: è nel ricordare bene — nel tenere viva la voce, un gesto, un insegnamento — che il dolore si trasforma. Non scompare, ma si addolcisce. Diventa parte della nostra storia.

In Coco, Miguel scopre che la verità sulla sua famiglia non sta nel silenzio o nel rifiuto del passato, ma nel dare spazio alla memoria. E proprio questo gli permette di ritrovare un senso, di riconciliarsi con sé stesso, con le sue radici, con ciò che ama davvero.

Nel mio lavoro con chi affronta un lutto, questo passaggio è fondamentale: passare dalla mancanza alla presenza simbolica. Chiedersi: cosa porto con me di quella persona? Qual è l’eredità emotiva, umana, viva che posso custodire, anche ora?

Il dolore non va rimosso. Va accolto. E trasformato.
Come nel film, a volte il lutto si colora, prende forma, canta. Non perché non fa più male. Ma perché abbiamo trovato un modo per non farlo diventare silenzio.

Forse non dobbiamo dimenticare per andare avanti. Forse dobbiamo ricordare meglio. E trovare, anche nella perdita, un modo per restare in contatto.